Quando il potere viene colpito in bocca dalla follia

dicembre 16th, 2009 by Alessandro Berni | No Comments

Quando il potere viene colpito in bocca dalla follia

Ovvero quando la persecuzione si conferma come l’altra faccia del successo.
Salerno, 13 Novembre 2009: Un uomo affetto da turbe psichiche uccide un anziano scaraventandolo da un’altezza 6 metri su una scogliera, arrestato.
Pulsano (provincia di Taranto), 27 Novembre 2009: psicolabile si barrica in casa e minaccia di far esplodere l’abitazione.
Intervengono i carabinieri che insieme ad i suoi familiari lo fanno desistere.
Milano, 13 Dicembre 2009: Ferito al volto Silvio Berlusconi.
L’aggressore si chiama Massimo Tartaglia ed ha gravi problemi mentali.
Ogni giorno, episodi di violenza compiuti da persone seriamente psicolabili si ritorcono contro sconosciuti e persone vicine agli individui in questione.
Di solito, fatti simili vengono riportati nella cronaca locale oppure arrivano per un giorno nella cronaca nazionale se la persona aggredita è qualcuno di popolare e si trasformano in un caso politico mondiale se la vittima è il presidente del Consiglio di un paese occidentale.
Il fatto, ripetiamolo twittereggiando è il seguente: un uomo dalla psiche invalida, una persona con un’altalena nella mente s’intromette in un bagno di folla berlusconiano e ferisce gravemente al volto il premier.
Colpito duro, sanguinante, Silvio Berlusconi viene accompagnato dalla sua scorta dentro la propria auto. Vi resta solo per qualche istante, quindi trova uno spunto di vigore, decide di affacciarsi fuori, usa il pianale della vettura come un gradino, torreggiante si arrampica sullo sportello semi aperto, con lo sguardo ostenta forza, fierezza come per dire: “Guardatemi, sono ancora in piedi!” Come un giocatore di wrestling navigato, mostra il colpo che gli ha ferito guancia, naso e bocca, ma non la tempra, la fiducia in se stesso. In sostanza è lui ad aver vinto anche questo incontro e lo fa a testa alta mentre il suo avversario del giorno viene allontano dal ring sommerso dalle urla e dai fischi di scherno.
Auto incoronatosi come il miglior Primo Ministro italiano degli ultimi 150 anni, Silvio Berlusconi passerà alla storia anche come il Presidente del Consiglio più aggredito, il più offeso da quel 50% – 1 degli italiani che non l’hanno votato ed il più deriso dalla stampa estera oltre che il più perseguitato dalla Giustizia. Di questo, proprio lui non se ne fa una ragione. Non capisco tanto odio contro di me. Ha dichiarato tristemente dal letto d’ospedale dove è stato ricoverato l’indomani dell’aggressione.
“Non sono io, non sono nessuno.” È stato il commento confuso del suo ultimo assalitore.
Come al solito a partire dal giorno seguente, addirittura dal minuto successivo, le interpretazioni dell’episodio hanno cominciato a mangiarsi il fatto in sé.
Confermando una novità vecchia di appena qualche anno, come l’informazione tratta la notizia ha maggiore peso politico della notizia stessa.
Sui giornali, i nemici di Berlusconi, primo fra tutti Antonio Di Pietro, sempre più convincente e convinto nel suo ruolo d’ispettore Zenigata, approfitta dell’aggressione per trattare ancora una volta Silvio Berlusconi come un ladro da acciuffare piuttosto che un antagonista politico da superare.
Rosy Bindi, donna crudelmente ferita in diretta televisiva proprio dal premier qualche settimana prima, che con fare sornione l’aveva definita più bella che intelligente, asciutta esprime solidarietà quindi aggiunge che il presidente non deve fare la vittima, che se l’è cercata e che in definitiva, ha sbattuto contro un pugno chiuso.
Gli amici di Silvio Berlusconi attaccano i suoi nemici incolpandoli dell’accaduto, con le lance pronte ed i scudi alzati si dichiarano indignati per le frasi propinate, poi esprimono parole di affetto ed auguri di pronta guarigione nei confronti del loro Presidente.
Tutti gli alleati politici, compresi quelli che fino al giorno precedente confessavano pubblicamente e a denti stretti alleanze di destra-centro-sinistra come alternativa nuova, ma fatta di gente più che vecchia esprimono ferme parole di condanna dell’episodio, fanno la fila per andarlo a visitare.
Giorgio Napolitano continua a leggere il suo copione da Don Abbondio, scritto da una mano apparentemente sempre più banale e stanca, con fare mite e costernato.
La Chiesa, consapevole di avere sempre meno anime da manipolare coi sensi di colpa e con promesse di paradisi metafisici; che la Lega bestemmia spesso e volentieri, ma almeno tiene ben lontani gli infedeli, cioè i fedeli di altre religioni, tende una mano al premier e quindi al suo governo e lo fa col suo più alto rappresentante: Papa Benedetto XVI indirizza al presidente del Consiglio un telegramma in cui esprime conforto e vicinanza dopo l’aggressione.
Su Internet, strumento che intanto che informa, strattona i fatti, stavolta c’è poca voglia di scherzare. Qualcuno ci prova, ma non funziona.
I Social Network si riempiono di discussioni da Colosseo, di pensieri scritti di pancia, di frasi di sdegno nei confronti di chi, dichiarato pacifista è ben contento dei risultati dell’aggressione.
Su Facebook, il più vasto simulacro di comunità diffuse, qualcuno apre una pagina Fan Club dedicata a Massimo Tartaglia.
Dopo appena 24 ore i fan accorsi sono più di 80 mila.
Intorno alle ore 17:20 di lunedì 14 Dicembre il promotore della pagina con più fan iscritti, scrive: Massimo Tartaglia non fa nulla di illegale nella sua pagina. Si chiama solo Massimo Tartaglia.
In televisione, cioè nel medium di massa più usato e abusato dagli italiani vengono riproposte, e commentate le opinioni più aggressive.
La maggioranza accusa l’opposizione di essere il mandante psicologico di Tartaglia e viceversa.
Quello che stavolta sembra essere successo è che le pernacchie, i litigi e le offese che vengono rifilate ed esaltate con risatine di sottofondo un pò dappertutto, come un boomerang siano ritornate in pieno volto proprio addosso al padrone di tutte le televisioni.
Perchè se vogliamo davvero trattare Massimo Tartaglia come un’arma allora è proprio la tv il mandante brigatista, il Frankestein che si è ribellato al suo creatore.
Intanto che viviamo in una società che si presenta moderna e democratica e nei fatti è morta e manipolante;
intanto che riflessioni simili vengono puntualmente derise dalla classe politica attuale, nell’intenzione di ridimensionare il senso critico, riformare il pensiero di tutto un popolo;
intanto che Silvio Berlusconi nel suo letto d’ospedale riposa;
intanto che persa dentro una Seconda Repubblica che non è nient’altro che una putrida appendice della precedente, la nostra Italia continua ad essere uno Stato che brucia dentro una Chiesa in fiamme;
ogni canale di ogni televisione trasmetterà un nuovo spot pubblicitario; Internet cliccherà …


L’Italia al netto del Lodo

ottobre 8th, 2009 by Francesco Vannutelli | 4 Comments

L'Italia al netto del Lodo

La Corte Costituzionale ha bocciato, a maggioranza, il cosiddetto. Lodo Alfano perchè in contrasto con gli artt. 3 e 138 della Costituzione. La decisione della Consulta spalanca le porte dei tribunali per il premier, chiamato a rispondere per il caso Mills  e per l’accusa di frode fiscale sui diritti tv Mediaset.
Il presidente, come era ovvio aspettarsi, non si è fatto cogliere impreparato dalla decisione della Corte. Mesi fa, in commissione Giustizia, nell’ambito della riforma del codice di procedura civile, è stata depositata una norma che toglie il valore di prova alle sentenze passate in giudicato. Accelerando l’approvazione di questa norma, i legali di Berlusconi potranno far passare come penalmente irrilevante la condanna a quattro anni e mezzo per falsa testimonianza nel caso Fininvest dell’avvocato Mills, sostenendo quindi una linea difensiva  che non tenga conto della sentenza. La nuova legge farebbe sì che il nuovo processo per il premier parta da zero, senza tener conto di quanto stabilito a carico del legale inglese.
Indipendentemente dall’approvazione della norma, i tempi consentono agli avvocati del premier di mettere in atto la stessa strategia difensiva già provata in passato, basata sul rinvio delle udienze adducendo legittimi impedimenti, fino ad arrivare alla prescrizione dei reati in questione.
Queste manovre giudiziarie, però, potrebbero non bastare per superare politicamente la bocciatura del Lodo. A parte l’Italia dei Valori, nessuna forza politica rappresentata in Parlamento ha invocato apertamente le dimissioni. La maggioranza appoggia il presidente, appellandosi alla volontà popolare contro le iniquità della Corte, mentre il Pd si dice contrario alle dimissioni per motivi giudiziari. L’attuale tensione istituzionale aumenta la rottura tra i due poli ed esaspera il conflitto, lasciando la politica italiana sospesa in una bolla.
Prima della pronuncia della Consulta erano state avanzate tre principali ipotesi su cosa sarebbe potuto accadere in caso di incostituzionalità del Lodo e di dimissioni del governo: la formazione di un governo del presidente, la nascita di un nuovo partito di centro e il ritorno alle urne.
L’idea di un governo del presidente che si appoggi di volta in volta a maggioranze diverse potrebbe favorire il raggiungimento di una nuova legge elettorale con un ampio consenso,  ma comporterebbe un aumento della confusione politica, con un conseguente indebolimento dei partiti, come ha evidenziato il costituzionalista e senatore Pd Ceccanti. La generale diffidenza nei confronti di questa soluzione istituzionale è accresciuta, inoltre, dalle difficoltà che un eventuale governo tecnico incontrerebbe con l’attuale maggioranza, legata a doppio filo a Silvio Berlusconi.
Collegato all’ipotesi di un governo del presidente è l’idea di un mutamento dell’equilibrio parlamentare dato dalla nascita di un nuovo partito di centro, ispirato al Kadima israeliano, e retto dal triumvirato Fini-Casini-Rutelli, con l’appoggio della fondazione Italia Futura di Montezemolo. Un “governissimo” transitorio affidato a Fini costituirebbe un banco di prova per il nuovo centro, ma avrebbe difficoltà a trovare i numeri per la riforma elettorale. I partiti centristi, per tradizione, si reggono, infatti, su sistemi proporzionali; un eventuale nucleo di simil-Kadima al governo non troverebbe in Aula l’appoggio necessario, essendo la stragrande maggioranza dell’attuale Parlamento favorevole a un sistema bipolare. L’idea di un nuovo polo di centro tornerà magari ad affacciarsi sulla scena nazionale più in là, quando le primarie stabiliranno la direzione del Partito Democratico. Del resto, il sogno del Grande Centro non ha mai smesso di agitare la politica italiana.
Rimane poi l’ipotesi del voto anticipato, che, soprattutto dopo la bocciatura del Lodo, trova una schiera di sostenitori eterogenea e trasversale. Belpietro, dalle colonne di Libero, invita Berlusconi a dimettersi e a chiamare gli italiani alle urne come extrema ratio difensiva e ostentazione muscolare di forza contro le congiure della sinistra, contando sull’enorme consenso popolare.
Invitano ad andare alla urne anche gli esponenti della sinistra alternativa, che con un appello a firma Ferrero, Diliberto, Salvi e Patta sulla prima pagina di Liberazione, chiedendo le dimissioni di Berlusconi, si dicono disponibili ad un’alleanza transitoria con il Pd per un governo di durata sufficiente a garantire l’approvazione di una nuova legge elettorale proporzionale e di una disciplina in materia di conflitto di interesse.
È facile, però, immaginare che un voto anticipato veda nuovamente Berlusconi vincente, magari non con gli stessi risultati ottenuti nel 2008. La disorganizzazione del Pd, l’assenza di una leadership forte e l’incertezza delle alleanze, anche se solo a tempo determinato, lasciano intravedere panorami poco incoraggianti per la sinistra italiana.
All’alba del giorno dopo, non sembra possibile, nell’immediato, la realizzazione di nessuno degli scenari preventivati. Nonostante lo shock della bocciatura, il governo può continuare ad andare avanti, avendo ancora i numeri e la solidità necessari. L’esasperazione del conflitto con gli altri organi dello Stato non intacca la tenuta di Berlusconi, ma aumenta la distanza tra le parti in lotta, consegnando al futuro un Paese sempre più spaccato a metà.


Lo scopo di uno scandalo

ottobre 7th, 2009 by Marco dall'Olio | 1 Comment

Lo scopo di uno scandalo

Il dibattito sull’attività sessuale del Premier è un dibattito poco fruttuoso, che con molta probabilità bene non fa al già ridicolo livello del discorso pubblico italiano. Il dibattito sul dibattito poi è al meglio irritante, come gran parte dei dibattiti al quadrato che colmano il barile delle discussioni mediatiche. Chi critica l’invasione della vita privata, chi risponde che è utile conoscere la moralità di un uomo pubblico, chi ribatte che sulla sua moralità l’uomo pubblico in questione ci già ha fornito materiale sufficiente, e lo scandalo sessuale non è affatto necessario, anzi, diverte l’attenzione dai veri misfatti. Chi parla di strumentalizzazioni, chi strumentalizza, chi si vergogna in patria e chi si vergogna all’estero. Chi invece, come chi scrive, non si schiera, ma è solo visceralmente attratto dal gossip (che come gossip, diciamocelo, è fantasticamente succoso).
Non voglio offendere la vostra intelligenza continuando a snocciolare i vari argomenti già sentiti, ma vorrei semplicemente proporre una piccola riflessione su uno di questi argomenti. Serve da spunto un recente scandaluccio sessuale americano di medio profilo. L’estate scorsa il senatore repubblicano del Nevada, John Ensign, si è aggiunto alla lunga lista di americani illustri le cui attività tra le lenzuola sono divenute, da un giorno all’altro, di dominio pubblico. Il copione è poco originale: affair con sua dipendente, scoperto dal marito, il quale decide che è arrivata l’occasione giusta per ottenere il lavoro dei suoi sogni, un posto da lobbysta a Washington, e ricatta il senatore. Il primo ottobre viene scoperto. Senza lo scandalo pubblico, nessuno sarebbe riuscito ad unire i puntini e a capire come il tradito sia arrivato dove sta. Ma soprattutto, senza la pubblicazione, il senatore sarebbe rimasto al suo posto e ricattabile, per chi sa quanto ancora. Invece intrepidi giornalisti lo smascherano, la giustizia e la pubblica morale trionfano, ed Ensign, da astro nascente del GOP, ora ha la poltrona a rischio.
Questa è una dimostrazione pratica del cosiddetto “argomento del ricatto”, ben rappresentato dalla sesta domanda delle celebri dieci nuove domande di Repubblica. Un uomo con un segreto è un uomo ricattabile. E se l’uomo è pubblico, allora è il pubblico a trovarsi sotto ricatto. Dunque, non ci devono essere segreti nella vita privata di un uomo pubblico. Ragionamento ineccepibile.
O meglio, ragionamento ineccepibile, se non vivessimo in Italia.
In Italia, essere ricattabili non solo fa parte del gioco politico, ne è parte integrante. Se non sei ricattabile, non sei affidabile, non puoi assicurare la restituzione dei favori, e quindi non sarai appoggiato, finendo sorpassato da chi invece si dimostra meno “schizzinoso”. Niente ricatti, niente carriera politica. Come dice l’Andreotti de “Il Divo”, l’unico suo vero potere risiede nei segreti degli altri. Possiamo quindi presumere che chiunque sia entrato nell’arena politica italiana, sia come minimo un ricattato e ricattatore navigato. E cosa volete che siano D’Addario e Noemi per uno che di scheletri nell’armadio, ne deve avere centinaia, se non migliaia?
Quindi, cara Repubblica, la tua domanda numero sei, purché legittima, manca di pragmatismo. In generale le dieci domande, così come l’intervista alla D’Addario da Santoro, così come il resto del sensazionalismo mediatico sulle attività sessuali del premier, danno l’impressione di essere alquanto irrilevanti. Lo scandalo non sposta né opinione né voti. Non dimentichiamoci che la fascia demografica scandalizzabile, quella che potrebbe effettivamente cambiare idea su Berlusconi grazie agli scandali, guarda solo rete quattro e come minimo considera gli scandali propaganda sovietica. Per quanto riguarda il resto del Paese, gli under-60, quelli che s’indignano rimangono gli anti-berlusconiani che probabilmente già erano, quelli che non s’indignano non si muovono né dall’una né dall’altra parte. Se va bene non vogliono passare per bigotti, se va male vanno a unirsi al gruppo di facebook “Vai Silvio Scopatele Tutte”.
Non fraintendetemi, con questo ragionamento non mi voglio unire alla fazione anti-scandalo. Io me ne sto saldo nell’amore per il gossip da sciampista, e nella oramai abitudinaria vergogna dell’italianità all’estero.
Senza contare che senza questo scandalo ci saremmo persi perle di satira come questa puntata del daily show o questa di mock the week e molte altre.
Un effetto sostanziale tuttavia lo scandalo l’ha avuto, oltre alle odiose e sterili polemiche alla Vespa.  Un fatto passato un po’ in sordina, che non gode di grande popolarità nei dibattiti, ma che a mio avviso è l’unico che può dare veramente speranza a chi sogna un’Italia libera da Berlusconi. Per la prima volta dal 1994, s’è rotto l’idillio tra il Vaticano e Palazzo Chigi. E il Vaticano ha un potere considerevole sui fruitori di rete 4, così come su buona parte dell’elettorato del PDL.
Io comunque, la mia riserva d’indignazione la tengo in serbo per altre cose, soprattutto per ció che riguarda il premier, e mi godo il gossip senza sensi di colpa.


Silvio Berlusconi è assolto per aver commesso il fatto

settembre 18th, 2009 by Alessandro Berni | 5 Comments

Silvio Berlusconi è assolto per aver commesso il fatto

Premetto che questo non è un articolo denigratorio né tanto più apologetico nei confronti di Silvio Berlusconi. Nelle mie intenzioni, Silvio Berlusconi non è il soggetto dell’articolo, bensì l’oggetto. Il soggetto è il presunto accanimento mediatico dell’Unità e della Repubblica sulle marachelle sessuali del Presidente del Consiglio che taglia alberi e ruba spazio ad altri argomenti di maggiore valore informativo.
Viveur, ex pianista di piano bar, laureato con lode, gran compagnone, non propriamente un uomo colto o raffinato, ma uno che se ne intende di calcio di sicuro, Silvio Berlusconi è da quindici e più anni l’uomo quasi più ricco, quasi il più potente e, di sicuro, il più chiacchierato d’Italia. Professionalmente parlando, è nato imprenditore edile e si prospetta che morirà imprenditore poco meno che totale. C’è un luogo comune che dice che quest’uomo sia presente in ogni settore di ogni mercato. Non è vero: non produce armi né vaccini; non ha pozzi di petrolio; non fa grandi business con Internet. È fuori dall’alta politica mondiale insomma, dal giro degli illuminati.. le orecchie che devono hanno già capito, le altre.. ma che glielo dico a fare.
È notizia di questi giorni che abbia querelato Repubblica chiedendo un risarcimento di 1 miliore di Euro per le dieci domande sulla sua relazione con la giovine Noemi Letizia in quanto giudicate retoriche e palesemente diffamatorie e l’Unità reclamando risarcimenti per un totale 2 milioni di Euro a causa dei numerosi servizi dedicati al frizzante stile di vita sessuale del Presidente del Consiglio.

Ma insomma, ormai l’avete detto e lo sa chiunque e lo ha riconosciuto lui stesso: non è un santo e neanche un beato. Ora, basta. Va bene, si: un uomo di settantatre anni ha copulato con diverse ventenni e magari una di loro aveva diciassette anni e due figure. Di questo, sua moglie Veronica si è arrabbiata molto. Si, ha tradito e senz’altro ha sbagliato come ha dichiarato senza finora smentire a fare qualche invito alle serate a cui partecipava. Ora che lo sanno proprio tutti, per favore assolviamolo per aver commesso il fatto e non pensiamoci più. Questi pensieri sembrano essere il riassunto ottenuto interpretando i dati statistici della sua popolarità politica che dopo un lieve calo avvenuto proprio durante il nascere del più grande scandalo sessuale italiano di sempre ha ripreso tiepidamente a salire.
In un passaggio dell’intervista del corriere.it a Niccolo Ghedini, avvocato personale di Silvio Berlusconi: “Senta, scusi. Ma se io le dicessi che lei un gran porco? Eh? Un gran porco e per giunta, impotente? E lo dicessi a tutti gli italiani? Mi risponda sinceramente: si arrabbierebbe o no?”
In quanto considerati spiacevoli ed eccessivi in diversi passaggi, gli autori degli articoli dell’Unità in questione sono stati citati in giudizio e sarà un tribunale civile a decidere.
Per quanto riguarda le dieci domande di Giampiero Martinetti ancora presenti su repubblica.it, sono considerate indegne figlie dell’arte del dire, oltraggiose, fortemente datate oltre che ritenute colpevoli di costringere la duplice natura dell’amor sacro e amor profano ad argomento da confessionale.
E allora, perché no? togliamole. E al loro posto mettiamoci l’ultimo decolté di Jessica Biel oppure l’articolo: Berlusconi sei un mafioso? 11 domande al cavaliere per negarlo. Di Max Parisi, uscito ne La Padania, l’8 Luglio 1998 ovvero una pagina di storia della politica e del giornalismo d’Italia che merita ancora e davvero di continuare ad essere letta e dibattuta:
http://web.archive.org/web/20000620155012/http://www.lapadania.com/1998/luglio/08/080798p02a1.htm
http://www.alain.it/2009/04/15/berlusconi-sei-un-mafioso-rispondi-la-padania-1998/
Italiani, alzatevi dal lettone di Putin. Avete altre cose a cui pensare..


È tutta colpa di Repubblica

settembre 3rd, 2009 by Rocco Polin | 11 Comments

È tutta colpa di Repubblica

Il Giornale ha dato fuoco alle polveri. La strategia del neodirettore Feltri è chiara: “smascherare i moralisti”. Il direttore di Avvenire ha molestato la moglie di un uomo con cui intratteneva una relazione omosessuale. Il direttore di Repubblica ha comprato una casa parzialmente in nero. Altri attacchi seguiranno. È cominciata la controffensiva d’autunno.
Pensavamo che non fosse possibile assistere ad un ulteriore abbassamento del livello del dibattito pubblico italiano, ad un ulteriore peggioramento della qualità del nostro giornalismo e invece come al solito dobbiamo convincerci che al peggio non c’è mai fine.
La tesi, forse un po’ provocatoria, è che il responsabile primo di questo degrado non sia Il Giornale, bensì La Repubblica. Provate ad esempio a rileggere l’ultima delle famose dieci domande rivolte dal quotidiano di Ezio Mauro al presidente del Consiglio
“Veronica Lario ha detto: «Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E’ stato tutto inutile». Geriatri (come il professor Gianfranco Salvioli, dell’Università di Modena) ritengono che i comportamenti ossessivi nei confronti del sesso, censurati da Veronica Lario, potrebbero essere l’esito di «una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità». Quali sono le sue condizioni di salute?” (www.repubblica.it)
Un giornale serio non dovrebbe nemmeno pubblicarla una domanda così. Una moglie tradita parla male del marito. Non indica comportamenti o fatti di cui noi si possa valutare la gravità, dice di aver chiesto agli amici di stare vicino al marito come si farebbe con una persona che non sta bene. È uno sfogo generico quello della Lario, non un capo d’accusa preciso. Poi si mette l’opinione di un geriatra (apparentemente uno fra tanti) che dice un’ovvietà: comportamenti ossessivi nei confronti del sesso potrebbero essere l’esito di “una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità”. Non si dice di preciso che comportamenti e comunque non è chiaro in base a cosa si accusa Berlusconi di comportamenti ossessivi, per un vecchio miliardario voler andare a letto con delle belle donne giovani è un comportamento magari moralmente riprovevole, non certo ossessivo. Dopo una dichiarazione vaga della moglie e una ancor più vaga di un geriatra senza un’evidente connessione fra le due, finalmente arriva la domanda: quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio?
Berlusconi si è comportato scioccamente. Avrebbe dovuto rispondere subito a questa domanda, come gli chiedevano arrabbiati i lettori di Repubblica. “Sto bene grazie e lei?”. Ma naturalmente quella di Repubblica non era una domanda. Era un’insinuazione. Si insinuava che il Presidente del Consiglio fosse affetto da disturbi della personalità. Lo scopo di Repubblica, ormai da qualche tempo, non è quello di informare i propri lettori, è quello di mettere in difficoltà Silvio Berlusconi. Esattamente come lo scopo de Il Giornale è difendere Silvio Berlusconi e mettere in difficoltà i suoi avversari.
Sia chiaro che Repubblica aveva il diritto e forse anche il dovere di parlare dei festini di Villa Certosa. Un conto però è informare di un fatto, un conto è montare una campagna stampa, con intercettazioni pubblicate un po’ per volta per tenere alta la suspense e facendo capire che altre e più gravi rivelazioni avrebbero dovuto arrivare. Naturalmente anche le campagne stampa sono perfettamente legittime in un paese democratico. È perfettamente legittima l’esistenza di un giornale d’opinione che più che informare ha lo scopo di portare avanti una tesi, di fare una battaglia politica. Però allora vale l’equazione Repubblica=Il Giornale. Giornali che si leggono per indignarsi contro i propri avversari, per essere rafforzati nella propria convinzione di essere dalla parte del giusto.
Repubblica non fa informazione dunque, fa principalmente opposizione. E per di più fa opposizione del peggior tipo. Un’opposizione basata sullo spiare tra le lenzuola del Capo del Governo. E allora non capisco perché adesso dovremmo indignarci se Il Giornale risponde accusando Ezio Mauro di evasione fiscale e Boffo di molestie. E allora non capisco perché non potevano essere pubblicate le foto di Sircana che guardava i transessuali. Ed ecco che il dibattito pubblico italiano si fa sempre più squallido e partigiano.
Io nel dubbio ho cominciato a comprare la Stampa.


Silvio e il lettone di Putin

agosto 1st, 2009 by Alexander Bell | No Comments

Silvio e il lettone di Putin

“Io mi faccio una doccia anch’io… e poi, poi mi aspetti nel lettone se finisci prima tu?”
“Quale lettone… Quello di Putin?”
“Quello di Putin”
In barba ai bacchettoni sinistrorsi che quotidianamente invadono pagine di giornali rossi con fiumi di parole – per dirla con i coniugi Rizzi – pateticamente moralizzatrici, oggi celebreremo il nuovo feticcio del Potere Moderno: il lettone di Putin.
Lungi dal costituire mero teatro di amplessi geriatricamente virili, che pur meritano unanime ammirazione, il suddetto lettone di tende munito assurge piuttosto a vero e proprio simbolo dell’homo novus che violentemente si impone all’attenzione degli italiani in tutta la sua tracotante esuberanza sessuale. Di più: il lettone di Putin, infatti, a ben vedere ci racconta un qualcosa d’altro ancora, laddove – con mente depurata da fastidiosi pregiudizi catto-contro-riformisti – avessimo la capacità di comprendere ch’esso in realtà costituisce un ponte che l’amato Silvio ha gettato verso di noi, indegni rappresentanti del populino, per darci la prova provata che il Potere Moderno si è tolto di dosso quella fastidiosa patina di superiorità e arroganza ed è finalmente, una volta per tutte, sceso al nostro livello.
Certo, in principio fu Sircana, che come tutti i pionieri, però, invece di ricevere il giusto plauso, è stato condannato al ludibrio di un pubblico non ancora pronto a cogliere la grandezza della rivoluzione che il suo messaggio portava con sé. Col senno di poi, ci viene peraltro da pensare che come al solito noi di Sinistra scontiamo l’atavica colpa di una congenita incapacità di dare forme vincenti a messaggi geniali: foto sbiadite di macchine in seconda fila, infatti, sono mezzi di comunicazione quanto mai indegni a trasmettere urbi et orbi la forza di un gesto rivoluzionario.
Silvio, si sa, di questi problemi non ne ha mai avuti. Ed ecco allora, dapprima, irrompere sulla scena pubblica nitide immagini finto-rubate di questo giovine vegliardo che – alla stregua di un negozio del centro milanese al primo giorno di saldi – accoglieva sulle sue ginocchia un ridanciano gruppetto di floride femmine. Ma non bastava: d’altra parte si sa che il potere porta con sé la bellezza; in ciò, dunque, davvero nulla di nuovo sotto il sole. E allora venne la Letizia dell’ancor più giovane Noemi. Tra feste di compleanno e tartarughine comparve il “papi”.
Poi fu Patrizia. Poi, soprattutto, fu il lettone di Putin. E qui sta il genio, qui sta la rivoluzione: fosse stato, che ne so, il lettone di Gasparri, certo la faccenda sarebbe stata un po’ diversa, un pochetto più squallida; ma si tratta del lettone di Putin, del lettone, cioè, dell’amico russo, del potente amico russo. Si tratta, cioè, del lettone del Potere, del Potere Moderno e per di più Russo. Ecco allora che si svela chiaro il messaggio che Silvio ci sta lanciando e che tanto fatica a emergere in mezzo al trambusto del fastidioso vociare di starnazzi neo-catto-pudiconi: il Potere è come voi, io (che sono il Potere) sono come Voi, perché io proprio come Voi sono un utilizzatore finale, perché io proprio come Voi quando mi piglia la voglia non c’è Putin che tenga. Perché io, proprio come voi, alla fine cambio le lenzuola. Ecco, magari, e qui sta l’unica differenza, le faccio cambiare da qualcun altro.


Ciarpame senza pudore

maggio 4th, 2009 by Rocco Polin | 8 Comments

Ciarpame senza pudore

Un’ex calendarista diventata ministro della Famiglia, una diciottenne di Napoli che tiene compagnia al presidente del Consiglio, una soubrette che veniva scarrozzata in auto blu per i palazzi del potere romano.
Come al solito non ci resta che chiederci dove sia Pasolini. Non ci interessa se la diciottenne napoletana che chiama “papi” il Presidente del Consiglio si limiti ad ascoltarlo mentre canta. Non cambia nulla. Noi sappiamo. Non c’e’ bisogno di essere intellettuali. Noi sappiamo il degrado del Palazzo. Noi sappiamo l’umiliazione che si prova ad essere italiani, la conosciamo, la sentiamo sulla nostra pelle.
Ma lo spazio che era di Pasolini ora lo occupa Alberoni. “Gli uomini con il tempo cambiano, a volte in meglio a volte in peggio”. E quello stesso quotidiano oggi intervista la “bella Noemi”. Il coraggioso intervistatore, Angelo Agrippa, le chiede se sa chi sia Francesco Saverio Nitti. Come se fosse quello il problema. Poi le chiede “Noemi, quando la vedremo in politica, alle prossime regionali?”. Lei risponde che preferisce la Camera dei Deputati. E me lo immagino il sorriso divertito e ironico di Angelo Agrippa. Non si rende conto che è lui in errore a fare quelle domande, non la poveretta che cerca di rispondergli.
Ormai del resto facciamo tutti come Angelo Agrippa. Assistiamo al tracollo con un sorriso tra il cinico e l’ironico. Guardiamo le photogallery del Corriere. Non male la Barbara Matera, gran decolleté. E ogni tanto quasi ci prende un istinto sado maso. Godiamo nel vedere la Santanché che esce dal parlamento con gli occhiali da sole circondata da guardie del corpo alzando il dito medio agli studenti. L’arroganza del potere in fondo affascina. Berlusconi con l’harem nel parco della sua villa in Sardegna, il who’s who del potere italiano all’inaugurazione del Billionaire, il reggicalze della Brambilla, Sottile che si fa portare la Gregoraci in auto blu… Ostentiamo un sorriso ironico, di superiorità. In realtà vorremmo essere Sottile. Ancora di più.Vogliamo essere la Gregoraci. Sappiamo di essere la Gregoraci.
Ahi serva Italia di dolore ostello… non donna di provincie ma bordello.
Non solo sappiamo di essere la Gregoraci, ne proviamo un perverso godimento. Umiliateci. Non vergognatevi più di nulla. Non dovete nascondervi, anzi dovete farcelo sapere, in modo sempre più chiaro, sempre più arrogante. Vogliamo saperlo. Vogliamo vedere le foto.
Però, che decolleté la Barbara Matera!
E se qualcuno vi critica che sia la donna del capo, quella che lui ha trasformato da attrice di film di serie B a maîtresse à penser dell’intellighenzia italiana. Oppure che sia Gianfranco Fini, il suo secondo da 15 anni, quello che lui ha raccolto da un rigagnolo della storia sollevandolo non sulla cima di una spada ma alla terza carica dello Stato. Anche l’opposizione deve essere un esercizio di umiliazione. L’ennesima dimostrazione della vostra vittoria definitiva.
Avete vinto. Prendetevi tutto. Donne, televisioni, governo, opposizione. Il Quirinale.
Noi assisteremo al vostro trionfo.
Poi certo, qualcuno cercherà di fare opposizione politica. Sfigati. I franceschini. Dei perdenti. Ancora convinti che la questione sia il cuneo fiscale. Altri faranno opposizione morale. I travagli. Inconsapevoli strumenti del potere. Essi credono che la gente non sappia, che il potere voglia tenere nascosto, che se la gente sapesse non accetterebbe. E invece è il contrario. La gente sa e il potere ha interesse a far sapere. Il potere è l’afrodisiaco supremo diceva Kissinger. La gente ama il potere, il sopruso, l’impunità. Noi vogliamo sapere, vogliamo invidiarvi, vogliamo farci umiliare, vogliamo godere.
Il vostro potere ci umilia e ci piace ancora di più in quanto sappiamo che non ve lo meritate, e sappiamo che lo sapete anche voi. Sappiamo di esservi superiori e per questo godiamo ancora di più nel farci umiliare. Noi sappiamo chi era Francesco Saverio Nitti. Sappiamo inoltre che voi non lo sapete e sappiamo anche che voi sapete che noi lo sappiamo. E allora il gioco diventa ancora più perverso. Il complesso di inferiorità vi fa ancora più arroganti mentre la coscienza della nostra superiorità ci rende ancora più ansiosi di farci umiliare.
Quando qualcuno scriverà la storia d’Italia di questi anni si accorgerà  dell’inadeguatezza degli strumenti solitamente impiegati in questo genere di imprese. Dopo aver riempito centinaia di fogli di inutili analisi politiche, culturali e sociologiche abbandonerà la scrivania e girerà un film sado-maso. Come al solito Pasolini c’era già arrivato.


L’Abituazione ed il Cavaliere Esistente

aprile 15th, 2009 by Marco dall'Olio | 7 Comments

L'Abituazione ed il Cavaliere Esistente

Abituazione è un anglismo, da “habituation” , dal gergo delle persone anglofone in camice bianco. Neuroscienziati e psicologi usano questa parola per riferirsi al cosiddetto fenomeno dell’ “adattamento neurale”, quando la sovraesposizione ad uno stimolo causa una decrescita graduale nella reazione nervosa.
È un fenomeno universale in ogni specie dotata di sistema nervoso, dai molluschi ai mammiferi, dagli scarafaggi agli esseri umani.
Toccate una lumaca, e si ritrarrà. Continuate a toccarla e diventerà indifferente al vostro fastidioso dito. Allo stesso modo, la fauna di parchi e riserve si abitua gradualmente ai turisti, e gli animali si fanno sempre più coraggiosi nei confronti degli insediamenti umani.
Esistono diverse ipotesi sulle ragioni del fenomeno. Dal punto di vista evolutivo la funzione è chiara, se c’è qualcosa di neutro nell’ambiente circostante, meglio non sprecare tempo e risorse ad interagirci. Dal punto di vista fisiologico, le cause sono state scoperte da Eric Kandel , premio Nobel per la medicina nel 2000, che ha dimostrato come le riserve di neurotrasmettitori in ogni neurone siano limitate, e si scarichino, se sovrautilizzate.
Tutti siamo familiari con il fenomeno, se non con la parola(ccia). Se ripeto una parola ad alta voce consecutivamente, un esempio a caso, “Cavaliere”, mi accorgo che il significato, e le reazioni psicosomatiche ad esso associate, svaniscono gradualmente. E qual è il modo migliore per rovinarsi il gusto di una canzone? Ascoltarla ossessivamente tutto il giorno. Le note che fino a qualche dozzina d’ascolti fa vi davano brividi lungo la schiena, ora passano inosservate.
Questo principio è universale, trascende le culture e fa parte della nostra natura fisiologica. Grazie ad esso siamo in grado di adattarci al più crudele degli ambienti, ed a ritrovare un senso di normalità anche nelle condizioni di vita più abbiette.
Dove sta dunque il collegamento tra abituazione e politica italiana?
Per introdurlo, lasciate che vi presenti Jack. Jack è un loquace studente di filosofia londinese, nonchè mio coinquilino. Avendo vissuto nel paese, conosce la politica italiana, ed è quantomeno turbato dalla figura di Silvio Berlusconi. Nelle nostre frequenti interazioni verbali, non ci è voluto molto perchè Jack s’accorgesse di quanto quel nome sia un “conversation closer” con il sottoscritto. Non importa quali strade la conversazione abbia preso fino a quel momento, lui ormai sa che gli basta sterzare in direzione Arcore per abbandonare all’istante qualsiasi altro argomento.
“Marco, it doesn’t matter how hard you try to explain, I still can’t understand how that’s possible”. Questa è la cantilena che mi devo sorbire settimanalmente. Ai suoi occhi, la sola esistenza di un tale personaggio nel bel mezzo dell’Europa democratica è incomprensibile e sconcertante.
Io ho provato a spiegarglielo, ho fatto del mio meglio. Nelle ore ed ore di autopsia verbale, abbiamo provato di tutto, abbiamo comparato le radici culturali delle nostre patrie, abbiamo analizzato l’evoluzione storica della politica italiana, la condizione dei media, le vicissitudini personali del Cavaliere, ma nulla, il turbamento di fronte alla sua esistenza non è calato affatto.
Ma questi scambi non sono stati vani. Non ho risolto la sua incredulità, ma grazie a lui ho capito che, dopo tanti mesi lontano dalla patria, anche io stavo incominciando a condividere il suo stupore ed a sentire una profonda dissonanza nei confronti dell’esistenza del Cavaliere. Non fraintendetemi, la sua esistenza ha sempre suscitato in me emozioni forti. Ma stupore mai. Ovvio che esiste! è sempre lì, con il suo sorriso odioso, ad intasare il discorso politico ed a condurre la sua personale battaglia contro l’invecchiamento. Ma la sua mera esistenza non mi aveva mai stupito. Non finché ho lasciato il paese. Ora, dopo quasi un anno, sono allibito, sconvolto. Come è possibile che nessuno si renda conto che siamo in una tirannia morbida? Stupore.
E questo stupore ci riporta all’abituazione. Essendomi sottratto al bombardamento mediatico della vita nazionale, i miei neuroni si sono disintossicati pian piano dal Cavaliere, ed hanno riaperto le porte alle reazioni emotive. Quelle frequentate strade neurali legate alla sua figura si sono spopolate. Risultato: il solo nominare il Cavaliere mi fa aumentare la pressione, mi chiude lo stomaco e mi da un principio di nausea.
Questa epifania sulle mie reazioni emotive mi ha mostrato un’ulteriore ragione dietro l’esistenza del Cavaliere. Non solo la sua storia personale, la corruzione ed i legami con l’establishment politico degli anni ‘80. Non solo le acrobazie finanziarie e la conquista dell’impero mediatico. Ma l’abitudine, il senso di disumana ordinarietà che oramai circonda la sua figura, l’anestesia neurale che attanaglia tutti.
Oramai nessuno è più sorpreso dalla sua esistenza. L’abituazione ha vinto, lo sconcerto è scomparso. Lo spettro emotivo che il Cavaliere suscita è ancora vasto, dalla simpatia all’odio, dall’ammirazione al disprezzo. Ma il senso dell’assurdo non più. La sovraesposizione ce lo ha normalizzato, ci ha costretti ad accettarlo.
Chiudo con un umile richiesta: idee per disabituarci?


Crisi e politiche economiche: quali risorse per l’Italia?

gennaio 13th, 2009 by Roberto Robatto | No Comments

Crisi e politiche economiche: quali risorse per l’Italia?

La crisi economica che si è aperta negli Stati Uniti nella seconda metà del 2008 e si è poi propagata a tutto il mondo ha aperto un forte dibattito politico ed economico su quali siano gli interventi migliori e più appropriati che le autorità pubbliche devono intraprendere per limitarne gli effetti negativi.
Prima di tutto, è importante sottolineare che la crisi economica che stiamo fronteggiando ha due facce:
1) la prima è il lato finanziario, che ha avuto il suo apice nello scorso autunno con il fallimento di alcune importanti banche americane e con un più generale rischio di collasso del sistema bancario;
2) la seconda, è la crisi dell’economia “reale”, ovvero la recessione che si è innescata.
All’ordine del giorno nell’agenda politica vi è oggi soprattutto la crisi dell’economia reale: il mio obiettivo è di riflettere su questa seconda parte, con particolare riferimento alla situazione italiana.
Nel nostro paese, alla crisi economica si sommano problemi strutturali di cui soffriamo da molti anni (1).
Una fondamentale questione è quella del debito pubblico. L’Italia ha oggi un debito che è pari al 104% del PIL (2), tra i più alti al mondo (3). L’implementazione di una misura anticiclica (aumento della spesa pubblica o riduzione della pressione fiscale finanziata con il debito, conosciuta anche come politica keynesiana) si scontra con questo problema. Vediamo di capirne il motivo.
I titoli del debito pubblico italiano (BOT, CCT…) vengono venduti sui mercati finanziari, dove si determina il tasso di interesse. Vari fattori ne concorrono alla determinazione, uno tra questi è il rischio che l’investimento non venga totalmente o parzialmente rimborsato alla scadenza: anche uno Stato, così come una società privata, può fallire (si pensi all’Argentina, giusto per esempio (4)). A parità di altri fattori, più alto è il rischio di “fallimento” percepito dagli investitori, più alto è il tasso di interesse che gli investitori stessi chiederanno per essere disposti comprare il titolo.
Da cosa dipende il rischio di fallimento? Più alto è il debito, più alta è la probabilità che il debitore non riesca a ripagarlo: il problema dell’Italia nasce esattamente da qui. E da ciò deriva la necessità di avere conti pubblici in ordine e un debito che decresca col passare del tempo: cruciale è allora la nostra credibilità. L’ancoraggio all’Euro è un elemento fondamentale, ma non basta: il modo migliore di convincere gli investitori che saremo pian piano in grado di ripagare il nostro debito è di iniziare a ripagarlo da subito in modo costante e consistente.
La riduzione del debito iniziata con il processo di adesione all’Euro fu rallentata nel 2001, durante l’ultimo anno del Governo di Centro-Sinistra (Amato era il Premier e Visco era Ministro dell’Economia), e molto più gravemente nel 2005-2006, durante gli ultimi anni del Governo Berlusconi, con l’Economia guidata da Tremonti, quando addirittura il debito pubblico riprese a crescere. La tendenza alla riduzione è stata poi ripristinata da Prodi e Padoa-Schioppa, ma oggi gli spazi di manovra sono ancora limitati e va quindi letta positivamente la scelta del Governo (e di Tremonti in particolare) di essere piuttosto rigido nonostante il momento di crisi: il successore di Quintino Sella sembra essersi ravveduto rispetto alla sua precedente esperienza di governo.
Dalle opposizioni e dai Sindacati si levano invece richieste varie a seconda del gruppo di interesse rappresentato: il “ceto medio, i pensionati, i lavoratori dipendenti… Queste politiche sono chiaramente impraticabili se non si vuole tagliare la spesa pubblica o aumentare le tasse su altre voci (ad esempio, sulle rendite finanziarie).
Più ragionata – ma solo a prima vista – sembrerebbe essere la richiesta di una maggiore flessibilità subito in cambio di più austerità dopo, come proposto durante la puntata di Ballarò del 16 dicembre 2008 da Enrico Morando, esponente del Partito Democratico e Coordinatore del Governo Ombra. Morando ha proposto un “rilassamento” dei cordoni di bilancio nel 2009 e una contestuale previsione di riduzione della spesa pubblica per l’anno successivo, in modo da garantire, allo stesso tempo, flessibilità per quelli che sembrano essere i mesi più critici della crisi e garanzia per gli investitori.
Tuttavia, non è difficile capire come, in questo caso, l’aumento delle spese sarebbe certo, in quanto avrebbe luogo subito, mentre la riduzione sarebbe per definizione incerta, in quanto futura: posticipare gli aggiustamenti al futuro nelle leggi di bilancio pluriennali è uno degli escamotage contabili evidenziato dalla letteratura economica come fattore responsabile del non avere conti in ordine5. Se negli anni passati, invece di fare politiche pro-elettorali, ci fossimo concentrati maggiormente sul ripianare il debito pubblico, gli spazi di manovra sarebbero oggi più ampi.
Note:
1) Tra i problemi principali, vi sono una crescita (del PIL e dei salari) inferiore a quella degli altri paesi industrializzati e una bassa e disomogenea tutela per chi perde il posto di lavoro.
2) Previsione per la fine del 2008; fonte: Commissione Europea, Economic and Financial Affairs, General Government Data, Autunno 2008.
3) Per avere un’idea di cosa vuol dire, basta pensare che, per liberarci del debito che abbiamo, dovremmo lavorare più di un intero anno senza mangiare e senza consumare nulla… Inoltre, quando si parla di debito pubblico, è sempre utile considerarlo in rapporto al PIL, che è poi una misura della capacità di ripagarlo: un debito dello stesso ammontare potrebbe essere piccolo per uno Stato grande come la Germania oppure immenso per uno Stato delle dimensioni del Belgio. L’Italia ha quindi uno dei debiti pubblici più alti al mondo, in rapporto al PIL.
4) Volendo essere più precisi, la (più recente) crisi Argentina è stata causata da una svalutazione della valuta nazionale (il tasso di cambio era fisso ma tale politica era insostenibile), mentre i titoli erano denominati in valuta estera: con la svalutazione il debito pubblico misurato in valuta nazionale è aumentato vertiginosamente e lo Stato non è stato in grado di rimborsarlo.


Rassegnazione a Sinistra

dicembre 19th, 2008 by Rocco Polin | 8 Comments

Rassegnazione a Sinistra

Caro Tamarindo,
abbiamo parlato di teatro, Ramadan, elezioni americane, arte moderna e bon ton parigino ma di una cosa parliamo poco, quasi mai in termini generali, preferiamo affrontarla di lato, da angolazioni specifiche: la riforma della scuola, la questione generazionale, la costituzione… In quasi un anno nessuno ha affrontato di petto la questione. E sì che sono certo che sta a cuore alla maggior parte di noi. Parlo della politica italiana, nel senso che i francesi chiamano “politique politicienne”. Questo pitale di Damocle che pende sulle nostre teste anche se facciamo finta di ignorarne l’esistenza.
Tu forse, dall’alto dei trenta metri di altezza che millanti su Wikipedia, sei superiore alle nostre piccole beghe, ai Villari, ai Pecoraro Scanio, agli Italo Bocchino… Io no. Io ci perdo la testa. Io mi incazzo, mi appassiono, mi entusiasmo o, più spesso, mi dispero. Io amo la politica italiana, il suo vocabolario assurdo, i suoi rituali demenziali, i suoi personaggi patetici. Io ho guardato le foto della piscina a cozza di casa Mastella a Ceppaloni, sono sceso in piazza contro la Moratti (chissà poi perché), ho compreso il significato delle convergenze parallele, ho firmato petizioni in favore dello stato di diritto, ho studiato la storia dei governi balneari, mi sono candidato alle primarie del PD… Io mi ci sono dato con tutto me stesso. Anima, corpo, fegato e cervello.
E allora perché sul Tamarindo ho parlato solo di Obama? Perché mi sono rifugiato in una guida immaginaria di una Milano inesistente? Perché non ho preso di petto le questioni che più mi stanno a cuore? Il futuro della Democrazia Italiana, della Seconda Repubblica, della Sinistra?
E bada che il mio è un atteggiamento diffuso. Tra gli elettori di sinistra e persino tra i loro leader.
Ricordi, mio buon Tamarindo, che entusiasmo tra le file del PD dopo la vittoria di Obama? Sembravano quei tizi che si vedono nei telegiornali. Quelli che stappano lo spumante dopo che è uscito il sei al superenalotto: cantano e ballano, ma non hanno vinto un cazzo. Arturello Parisi l’aveva detto subito, con sarda ironia: “L’Abruzzo è difficile da riconquistare ma l’Ohio è nostro”.
La questione dunque rimane. Perché questo apparente disinteresse?
Io una risposta credo di averla trovata: Rassegnazione. Questa volta sentiamo di non aver perso solo una battaglia, questa volta sappiamo di aver perso la guerra.
Voglio brevemente esporti due tesi che spero faranno discutere la variopinta ma interessante comunità che si riunisce sotto le tue foglie.
La prima è che, come disse il compagno Nenni, se perdiamo è colpa del destino cinico e baro. Più precisamente è colpa degli elettori. In fondo noi abbiamo creato un nuovo partito, abbiamo unito il meglio delle tradizioni riformiste italiane, siamo il partito più democratico e aperto della politica italiana. Abbiamo fatto una seria autocritica della nostra esperienza di governo. Quando è emersa una “questione morale” siamo stati onesti e seri nell’autocritica; non ci siamo nascosti dietro un dito. Abbiamo in mente un’Italia moderna, giusta, responsabile. E invece “nossignori”: in Abruzzo abbiamo toccato il 20%.
Cosa vuoi che ti dica? Che dobbiamo tornare ad allearci con Diliberto e Pecoraro Scanio? O che dobbiamo imparare dall’Italia dei Valori, un partito personalistico che non ha mai fatto un congresso nazionale e dove tutto, dai soldi alle nomine, passa delle mani del leader? Un partito dove demagogia e populismo hanno sostituito democrazia interna ed elaborazione politica?
Eh, caro il mio Tamarindo, come direbbe D’Alema “se il Partito Democratico non rappresenta più gli elettori, beh, allora è ora di cambiarli questi benedetti elettori”. Cosa vuoi che mi incazzi? Cosa vuoi che discuta? Che articoli vuoi che scriva? Mi rassegno a vivere in un paese che ha eletto tre volte Berlusconi, che ha bocciato il referendum sulla fecondazione assistita, dove il Partito d’Azione prendeva l’1.5% dei voti. Parafrasando Nanni Moretti “con questi elettori non vinceremo mai”.
La seconda ipotesi che voglio sottoporre al tuo saggio vaglio è che loro hanno imparato a governare. Loro intendo i berluscones. Non si tratta più della banda di barbari che occupò incredula Palazzo Chigi nel 1994 resistendovi per pochi mesi. E nemmeno della coalizione litigiosa che resistette all’assedio tra mille difficoltà dal 2001 al 2006. Questa volta è una squadra di governo, una classe dirigente, una coalizione solida e coesa. Non commette più i grossolani errori cui eravamo abituati, con cui ci aveva viziato. Noi eravamo gli eredi dell’intera classe dirigente della prima repubblica (non raccontiamoci palle, siamo noi i poteri forti, abbiamo dalla nostra il Corriere, la Fiat, i sindacati, le grandi aziende di stato, il 90% dell’establishment intellettuale). Loro erano i barbari: dei commercialisti di Publitalia, dei tecnici maxillo facciali sposati con rito celtico, gente senza senso dello Stato, senza esperienza di governo. Speravamo di poterli liquidare come l’ennesima invasione degli Hyksos e invece eccoli qui, al loro terzo governo e pronti per la Presidenza della Repubblica. I barbari si sono dimostrati più abili di noi a governare il paese. Non sto dicendo che approvo ciò che hanno fatto, che condivido la loro linea di governo o che vorrei vivere nel paese che hanno in mente. Sto dicendo che uno scienziato politico di Marte non potrebbe che rilevare che la loro policy making capacity è maggiore della nostra, che sono stati in grado di assicurare all’Italia un governo stabile e sicuro di se stesso. E credimi, non è poco.
E allora cerca di capirmi, mio buon Tamarindus Indica, importante ingrediente delle salse Worcester dalle foglie pennato-composte. Come pensi che possa lottare? Dove pensi che possa trovare le speranze e le energie? Come pensi che possa resistere la tentazione di fottermene, di occuparmi d’altro, di dedicare le mie energie di 23enne di belle speranze a qualcosa di meno frustrante?
E invece no. Abbi fede vecchio Tamarindo. Continueremo a lottare. Manderemo a casa questi patetici leader che ci ritroviamo a sinistra. Sconfiggeremo quella banda di nani, razzisti e spogliarelliste che governano temporaneamente la nostra amata Italia. Torneremo al governo del paese. Ce la faremo….. inshallah…..



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