Gli Italiani e le parolacce…  Facebook 

novembre 7th, 2008  |  Pubblicato in Opinioni  |  10 Comments di Laure Blanchard

Giorni fa, di passaggio a Torino e non avendo più libri, ne ho preso uno da un’amica. Così, ho pensato, scoprirò un autore italiano, e poi leggere in italiano non mi fa male ora che sono tornata in Francia.
Il libro in questione è Una vita che ti aspetto di Fabio Volo…ed è stata una rivelazione!
Rivelazione proprio nel senso di svelare. Infatti, Fabio Volo mi ha permesso di capire una cosa che avevo notato da un po’: la grande propensione degli Italiani per le parolacce!
Già a Torino e poi a Roma, più di una volta sono stata colpita dal modo di parlare, un po’ grezzo (per non dire volgare), di tanta gente.
Come mai un popolo così raffinato, capace di tradurre così bene i grandi autori latini, parla così male? La risposta che mi è venuta leggendo questo libro è una: il pudore! Strana idea, direte, di collegare parolacce e pudore, eppure mi sembra ovvio.
Prendiamo l’esempio di questo povero ragazzo di cui parla Volo nel libro. Si tratta di Francesco, un trentenne materialista, che possiede tutto ciò che vuole: ha una vita facile, tra un lavoro ben pagato, amici per andare a ballare o fumarsi una canna e ragazze a profusione nel suo letto. Tutta la prima parte del libro, dedicata a questa vita spensierata, comporta passaggi volgari sia nei dialoghi, sia nel pensiero del protagonista. Poi, man mano che Francesco comincia a rimettere ordine nella sua vita, condivide con se stesso e con noi una riflessione sul senso dell’esistenza, e allora le parole diventano più belle, piene di senso e di purezza. Prima mentiva, provava a fare bella figura, cioè la figura del figo che non teme niente, che non ubbidisce a nessuno e ha una vita disordinata, priva di riflessione ma piena di parole vuote e brutte.
Ho collegato questo a un episodio della mia vita in Italia. Durante un ritiro, infatti, sono rimasta molto sconvolta perché avevo sentito un prete dire parolacce. Non capivo perché per dire ai giovani di muoversi, di non aver paura, un frate dovesse usare parole come “cazzo!” .
Forse ora lo capisco…
In questa società latina che è quella italiana, si cerca sempre di “salvare le apparenze”, cioè di fare bella figura. In questo contesto non si devono lasciar apparire le proprie debolezze, e si usa quindi la maschera della volgarità. Se il prete avesse parlato a quei giovani con parole dolci e personali, con lo scopo di parlare cuore a cuore, condividendo una riflessione sincera, forse avrebbe fallito, mentre usando il tono della derisione è riuscito a cogliere l’attenzione, come se non stesse toccando il giardino segreto di ognuno.
Comunque, non pensiate che io stia recitando la parte della francese antipatica e sprezzante. Non sto dicendo che tutti gli Italiani sono volgari e maleducati, per carità!
Consideriamo piuttosto che il mondo è un teatro…e l’Italia recita costantemente con il tutto esaurito. In questo grande teatro, ognuno porta una maschera e si traveste per proteggere meglio ciò che è veramente; la volgarità per alcuni sembra allora una maschera tanto comoda per nascondere al resto del mondo la parte più sincera, sottile e delicata della personalità, purtroppo sinonimo di debolezza!



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  1. Italiani brava gente

Commenti

  1. Thomas Villa says:

    novembre 8th, 2008 at 01:24 (#)

    Interessante punto di vista. C’è da dire che le “parolacce”, sonointese in modo diverso da cultura a cultura. Ad esempio non credo di esagerare affermando che alcune parolacce, in Italia, non sono considerate volgari, ma piuttosto intercalari per dare enfasi alle parole e alle affermazioni.
    In fin dei conti, la tradizione retorica classica, prima ancora che italiana, era tutta basata sulla vigorosità delle affermazioni, come ad esempio lo stile retorico dell’asianesimo, che faceva dell’ampollosità e della irruenza verbale la propria caratteristica…e ben poco è cambiato forse da quei tempi per quanto riguarda lo stile…anche se purtroppo molto è cambiato dal punto di vista degli oratori! Ma questo stile mediterraneo così incline alle “parolacce” raggiunge il suo vertice senza dubbio nella penisola iberica, dove si possono trovare una varietà infinita di fantasiose imprecazioni!!
    Alla fine, se bisogna essere volgari, è importante almeno esserlo con fantasia no?

  2. Nina says:

    novembre 8th, 2008 at 16:38 (#)

    Sono d’accordo con Thomas quando dice che molte parolacce sono usate in italiano per dare enfasi al discorso. E sono d’accordo con te, Laure, quando colleghi le parolacce a una dimensione teatrale dell’italianità. Non però nel senso di un nascondere dietro la maschera una propria presunta vera essenza, quanto piuttosto perchè l’italiano è una lingua espressionista, a volte provocatoriamente emotiva. Della parola, più che il dato, è necessario che passi l’emozione – e suppongo che in questo passaggio si annidi l’embrione dello stereotipo dell’italiano creativo e pressapochista.
    Il turpiloquio è, a mio parere, un’arte: un equilibrio tra basso e sublime, tra provocazione e significato, tra uso cosciente della parola e dominio della paura della parola stessa. Un’arte difficile, che forse non è possibile riscontrare in Fabio Volo, ma certamente in molti altri autori sì.
    Volgare non è mai il verbo, ma l’uso che se ne fa.

  3. misha says:

    novembre 8th, 2008 at 22:38 (#)

    - cade un balocco: cazzo!
    - la sigaretta perde una brace: cazzo!
    - il treno della metropolitana parte appena siamo arriveti al binario giusto(con amore, pensando a Vincenzo Ruocco): cazzo!
    - bevendo un bicchiere ti sbrodoli: cazzo!
    - un esame non passato: cazzo!
    - una chiamata senza risposta: cazzo!
    - un desiderio non esaudito: cazzo!

    Una parola, Laure, che tu forse non puoi capire, equivalente al francese intercalare “putain!”, che non credero’ mai un secondo che non sia uscito mai dalle tue labbra.
    Un intercalare, come Thomas e Nina sottolineano, quotidiano, e non considerato come volgare. Cazzo non è una parolaccia, ma un’emozione. Cazzo è la parola che ti libera dai problemi; cazzo è una locuzione ormai talmente colloquiale, e proprio per questa sua talmenza, considerata come innocua quando, sentendola pronunciare, aggrottiamo delle sopracciglia che sono tuttavia inscandalizzate.

    Un interloquire, Laure, che giustamente smascheri parlando di pudore: una facilità verbale che permette di crogiolarsi nella superficiale insensibilità del proprio interlocutore, o nella sua puntuale curiosità. Se sopporta il turpiloquio (e ti complimento per il tuo italiano!).

    Sono d’accordo con la tua visione, ma Nina tocca un tasto sincero: l’arte. L’arte di accaparrarsi l’attenzione, l’arte di sapersi far ascoltare in un paese, il mio Paese, in cui non sono certo le voci che mancano. L’arte di tenere viva la dimensione retorica, incastoando qua e là, come se fosse una perla, una parolaccia; perché quella, nell’inevitabile momento di noia, richiama l’attenzione, risveglia gli animi, e poco importa il come, ma cazzo!, funziona.

    Hai ragione tu, Laure, ma da Fancese

  4. misha says:

    novembre 8th, 2008 at 22:40 (#)

    Francese, pardon…

  5. giacomo says:

    novembre 17th, 2008 at 13:36 (#)

    strano però.
    tutti gli italiani che conosco che hanno vissuto in francia tornano stupefatti per la frequenza, la facilità e la consuetudine (sia in privato che in pubblico) alle parolacce da parte dei francesi. tanto che spesso sembrano addirittura perdere il loro stesso status di volgarità.
    merde, putain, conard, salaud, con, je m’en fiche… sono parole ben radicate (spesso orgogliosamente) anche in un’elegante, raffinata e sofisticata cena tra intellettuali d’Oltralpe.

  6. misha says:

    novembre 17th, 2008 at 14:15 (#)

    Vero, giacomo, vero vero verissimo…

  7. alessandro says:

    gennaio 23rd, 2009 at 17:06 (#)

    Concordo con Giacomo, perchè in primo luogo , penso che anche i francesi usino eccome, molti intercalare volgari piu’ o meno equivalenti ai nostri..
    detto questo trovo questo articolo molto ben scritto, ma veramente superficiale , veramente troppo e inutilmente provocatorio…
    prima discrivere certe cose. .. bisognerebbe capire un po’ meglio il paese che si sta visitando.. ed evitare di dare giudizi del genere..che lasciano a mio parere il tempo che trovano.
    un paese latino.. che motivazione è ? le lingue si evolvono .. e in tutto il mondo c’è questo involgarimento ..avrei trovato piu’ interessante analizzare lo sviluppo delle lingue.. magari di quella italiana nel particolare ( ma non necessariamente) .

  8. nbmodena says:

    maggio 25th, 2009 at 09:32 (#)

    GLI ITALIANI E IL CUORE
    se volete legger a rigurado visitate il sito:
    http://www.nbmodena.org/2009/04/29/gli-italiani-e-il-cuore/

  9. Gulia says:

    settembre 22nd, 2009 at 09:02 (#)

    Io non trovo affatto che questo articolo sia provocatorio o superficiale. Anzi, sono un’italiana che abita ormai da qualche anno all’estero e, ogni volta che torno, rimango stupefatta e interdetta dalla frequenza di queste parolacce e di tali intercalari volgari, che per me non sono affatto privi di connotazioni volgari o aggressive. Acuta e plausibillissima spegazione, quella della facciata volgare!

  10. alexander says:

    settembre 23rd, 2009 at 11:36 (#)

    Cara Laure,

    senza entrare nel merito delle tue riflessioni – che peraltro in parte condivido -, un consiglio: la prossima volta che ti capita sotto mano un libro di Fabio Volo, cestinalo.

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