E vissero tutti felici e contenti
dicembre 15th, 2009 | Pubblicato in Opinioni | 1 Comment di Rocco Polin
L’uomo occidentale contemporaneo è generalmente convinto dell’idea di progresso. Le ragioni possono essere molte. Le cosiddette radici giudaico-cristiane ci spingono a guardare con fiducia al futuro nell’attesa della venuta o del ritorno del messia, il pensiero illuminista ci convince della forza della ragione umana, una comprensione superficiale ma diffusa della lezione darwiniana ci induce non solo a credere nell’evoluzione della specie ma anche ad attribuirvi un valore necessariamente positivo, l’hegelo-marxismo ci suggerisce una concezione tutto sommato teleologica della storia umana ed in effetti gli ultimi secoli ci ha abituati ad un costante progresso scientifico, tecnico ed economico.
Con buona pace di Gesù, Darwin e Pangloss però, l’influenza più forte sul nostro modo di vedere il mondo l’ha avuta senza dubbio Walt Disney. È a causa del lavaggio del cervello cui ci hanno sottoposti Biancaneve e Topolino che la nostra istintiva fiducia nelle magnifiche sorti e progressive si è trasformata nella granitica certezza che i buoni vincono sempre, che i Bassotti non riusciranno mai ad espugnare il deposito, che Gambadilegno verrà preso con le mani nel sacco e che alla fine un bacio del Principe Azzurro risveglierà sempre la bella principessa.
Personalmente mi riscopro profondamente succube di questa visione del mondo. Né le tragedie del novecento né i ripetuti fallimenti di Willie il Coyote mi convinceranno mai che i cattivi possano effettivamente vincere. Il suicidio di Hitler nel bunker e il crollo del muro di Berlino erano, nel mio modo ingenuo e disneyano di vedere la storia, ovvi quanto la vittoria di Baloo nel duello finale con Shere Khan. Alla fine arrivano i nostri. In fondo, sono ancora perfettamente convinto che alla fine di Bip Bip non rimarranno che le ossa spolpate. Del resto, Ulisse alla fine è riuscito a tornare a casa, quel fesso di Renzo è riuscito a sposare la sua Lucia e gli alieni vengono sempre sconfitti dalla marina americana.
L’esempio più evidente di questo mio pregiudizio riguarda la costruzione dell’Unione Europea. Nato nel 1985, membro della cosiddetta generazione Erasmus, faccio fatica a considerare l’Europa una conquista. Per me l’Unione Europea rappresenta un fatto o, meglio ancora, un destino. La possibilità che il cammino europeo si interrompa o addirittura si inverta è semplicemente impensabile. Così come è impensabile che un giorno la Francia dichiari nuovamente guerra alla Germania. Quando gli irlandesi bocciano la Costituzione, quando i governi europei scelgono una britannica con i denti storti come Alta Rappresentante della Politica Estera e un belga esperto di haiku come Presidente dell’Unione… beh, mi viene naturale di pensare che, come nella canzone di De Andrè, ci facciano solo perdere tempo. Noi abbiamo la Storia dalla nostra parte. Un giorno l’Unione Europea avrà una sola politica estera e un presidente eletto dai suoi cittadini. Lo so. Lo sento con la stessa certezza con cui aprendo il Topolino so che Amelia non riuscirà a rubare la Numero Uno, con cui so che fra cinquant’anni Berlusconi non verrà ricordato come un grande statista perseguitato e che prima o poi Israele e Palestina vivranno in pace l’una accanto all’altra.
Il problema è che questa istintiva e immotivata fiducia nel futuro rischia di servire come scusa all’ignavia. Se è naturale che alla fine vincano i buoni non vi è ragione di affannarsi troppo a combattere i cattivi. Non che io creda di poter vincere sempre, cinque anni da elettore di centrosinistra mi hanno naturalmente abituato altrimenti. Il fatto è che i buoni possono perdere qualche battaglia ma alla fine sono destinati a vincere la guerra. Purtroppo però, si parva licet componere magnis, dubito che il regime razzista in Sud Africa sarebbe caduto se Nelson Mandela si fosse limitato ad aspettare fiducioso il trionfo dei buoni né che la Numero Uno sarebbe ancora in buone mani se Archimede non avesse inventato prodigiosi antifurti anti strega.
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febbraio 3rd, 2010 at 16:09 (#)
Beh lo sai….Walt Disney è proprio il mio punto debole, anche se da un po’ non lo stimo più come una volta… Da qualche tempo sono un po’ insofferente nei confronti della logica Disney: non approvo come vengono trattati i cattivi. Penso che per fare un passo avanti nella irreversibile marcia verso il progresso l’uomo occidentale debba abbandonare certe visioni di disneyane e abbracciare quelle orientali di Miyazaki.
Anche ne La Città Incantata, il Castello Errante di Howl, Ponyo ecc… i buoni alla fine vincono, ma la vera novità è che i cattivi, invece di fare delle morti atroci e sparire dalla vita dei buoni, sono smascherati come persone estremamente deboli, e vengono in qualche modo capiti dagli avversari, integrati e non denigrati, a volte perfino consolati.
Anche i buoni per la verità a volte peccano di vanità, di supponenza, di ingenuità. Insomma le divisioni tra buoni e cattivi sono molto meno nette e quindi, più realistiche. Di fondo se io fossi stata la regina del castello anche a me Biancaneve non mi sarebbe stata tanto simpatica, e Gertrude e Genoveffa qualche ragione per chiudere in soffitta Cenerentola gliela concedo, per non parlare della Sirenetta con quella vocina perfetta…
La strega di Miyazaky invece, non cade nel dirupo urlando con gli occhi fuori dalle orbite, ma riconosce di essere sconfitta, piange perché il suo sogno si è frantumato e si mette placida a fare la maglia con la principessa, recuperando le sue carenze affettive che l’avevano tanto indurita..
Tanto i cattivi ci sono lo stesso, morta Ursola si fa Scar, morta Shere Khan arriva Jafar. Ma più che buttarli nel dirupo, secondo me dobbiamo prenderci cura di Crudelia Demon, magari mandarla dallo psicanalista, e trovare un fidanzato a Malefica prima che se la prenda con Rosa Spina.
I buoni vincono ma i cattivi, se li tratti troppo male, tornano sempre. Lo so come so che ci sarà un Avatar 2 e che finirà “bene”.