L’arte non è così lontana a Buenos Aires  Facebook 

febbraio 24th, 2008  |  Pubblicato in Attualità, Fiori  |  4 Comments di Guicciardo Sassoli de Bianchi

Tavolini da gioco ‘Luigi XVI’ sonnecchiano fra la polvere ancora affaticati dopo chissà quante partite di bridge; una gamba ‘Impero’ svetta trionfante fra ceste di vimini dalle quali spunta un vecchio stivale da polo; quadri di discreta mano si nascondono fra qualche tentativo mal espresso di ritratto femminile; aeroplanini di piombo decollano sopra la chincaglieria immersa in vasche e lavandini retrò. Malconcie seggiole ‘Decò’ accatastate a lato di un fantasioso armadio arancione anni cinquanta che dona ristoro ad un grappolo di poesie e racconti esotici per fanciulle avvolti in dolci rilegature floreali ‘belle époque’. ‘Aquì es un quilombo’, arrivano continuamente oggetti nuovi, dice un addetto mentre mi aggiro sbalordito fra gli scaffali del mercato di beneficenza dell’ ‘Ejercito de la Salvación’, nella periferia di Buenos Aires. Una signora dall’aspetto tutt’altro che trasandato si appresta a scaricare qui la sua Jeep colma di ‘inutilia’ di casa, come è di moda in questa città. Altre persone arrivano in cerca di ‘nuovi’ arredamenti. Affiorano ovunque le vestigia della Grandezza dei primi decenni del secolo scorso. Anni in cui molti Argentini usavano passare mesi nelle capitali europee a ‘fare spese’, facendosi costruire al loro ritorno palazzi in stile ‘Haussmann’, ‘Neoclassico’, ‘Jugendstil’, ‘Decò’. A viaggiare sui primi battelli che collegavano le due sponde dell’ Atlantico erano soprattutto le migliaia di Italiani in fuga dalla povertà della nostra penisola per raggiungere questa città all’epoca cosi ricca. I treni, al giorno d’oggi non più così diffusi, erano un efficientissimo mezzo di collocazione dei nuovi arrivati secondo i criteri di controllo dell’ immigrazione argentina: ”Sei Sardo? Raggiungi al nord i tuoi compaesani, ci sono terre per bestie e formaggi”; “Sei Piemontese? Vai a Mendoza a coltivare la vite”; ancora oggi si festeggia in alcune regioni la festa della ‘Bagnacauda’. Napoletani e Genovesi restavano al porto costruendo con la latta il coloratissimo quartiere della Boca a Buenos Aires. I Porteni, abitanti di questa città dove il sangue italiano circola ovunque, non esitano a mettere in risalto le loro origini: “Tanos, que lindo, mi abuelo es de Florencia…”
Colpisce come persone incontrate occasionalmente, invece che soffermarsi su noti cliché o snervanti domande a tema calcistico-culturali, preferiscano informarsi su ben altri temi di attualità italiana: politica, prezzi, salari, famiglia, religione, assistenza sanitaria, università, divertimenti. Non sono certo lesinate la stima e l’ ammirazione per il nostro Paese. Un imprenditore di Bahia Blanca, città portuale a sud di Buenos Aires, sentenzia appassionatamente “ Italia tiene como el cuaranta per cien de la cultura en el mundo ” rispecchiando la fierezza nei confronti di una cultura della quale non solo i Porteni si sentono almeno in parte eredi. Inutile dire che le predominanti eredità di potere spagnolo e soprattutto inglese siano meno amate.
In un Paese così aperto storicamente all’immigrazione si nota ad ogni livello sociale la gioia di incontrare, invitare e poter presentare amici italiani. Non ricordo un Paese in cui gli Italiani godano di una reputazione così elevata.

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Ma come si vive in Argentina? Inutile ricordare che, abbagliati dai nostri criteri essenzialmente economici, sia ricorrente tra noi Europei associare il concetto di Paese sudamericano con quello di ‘terzo mondo’. Lasciando agli analisti le stime di ‘classe media’ sul totale della popolazione, ci sono vari miti da sfatare; uno innanzitutto: “bello il Sud America, ma non c’è arte, manca la cultura, almeno come noi l’intendiamo”. Quante volte ho sentito questa frase! Parlando di Argentina e in special modo di Buenos Aires credo che pochi Paesi abbiano una tale diffusione a vasto livello sociale della cultura. Non riferendomi soltanto ai musei, ai teatri che da soli basterebbero a pareggiare il presunto gap che separerebbe questo Paese dal ‘primo mondo’; o ai parametri che definiscono la diffusione della cultura contando la quantità di esposizioni, o concerti, senza preoccuparsi dell’apprezzamento o dell’effettiva comprensione da parte del pubblico. La vera sorpresa è la naturalezza con la quale si ha accesso quotidianamente alla cultura. Ogni giorno ci sono nuove esposizioni d’arte, incontri, dibattiti, conferenze, concerti. Ma in realtà basta camminare. Entrare in una casa d’aste e dopo aver parlato per un’ora di antichità romane con il proprietario farmi mostrare senza alcun formalismo la collezione di introvabili (da noi) edizioni settecentesche, prendere un caffè in una magnifica libreria teatro fine secolo e dibattere con il vicino di tavolino appena conosciuto sulle parole dello scrittore francese Michel Houellebecq nella conferenza tenuta da quest’ultimo la sera prima nella sede dell’Alliance Française davanti a una folla interminabile di studenti e interessati; evento tanto seguito da richiedere l’ allestimento improvvisato di tre maxi schermi sulla strada data l’impossibilità di far entrare tutti. Da un anno a questa parte si sentono infinite voci di attesa trepidante per l’evento del decennio, la prossima riapertura ‘del Centenario’ del meraviglioso Teatro Colón: i giornali si interrogano spesso sui possibili allestimenti del prossimo ‘Tristan und Isolde’ che riaprirà il sipario dello storico luogo d’arte presumibilmente nel prossimo mese di maggio. Si teme come catastrofe nazionale un possibile rimando della data d’apertura e l’accordo mancato con il grande direttore di nascita argentina Daniel Barenboim per dirigere la Prima ha creato ai dirigenti del teatro un certo rompicapo ‘nazionale’.
Il grande Stefan Zweig, cresciuto nella Vienna di fine secolo e fra i primi fautori di una moderna ‘cultura europea’, ci ha descritto nel suo ‘die Welt von gestern – il mondo di ieri’ come per i cittadini viennesi, a ogni livello sociale, l’impatto con le arti fosse normale, quotidiano e avesse come fine quello di tendere sempre all’ eccellenza; in una città dove vivevano negli stessi anni di Zweig personaggi come Mahler, Richard Strauss, Schnitzler, Hoffmansthal, Freud.
Non volendo certamente avventurarmi in sterili paragoni ritengo che a Buenos Aires si respiri una naturale tensione verso la cultura tanto da poterne evidenziare la sua diffusione e la sua facile accessibilità.
Questa atmosfera si può trovare non solo in una piccola isola dorata della città come potrebbe essere per qualunque capitale del mondo, ma in tanti quartieri, quasi microcosmi, piccole città ognuna diversa dall’altra e con una propria anima dove vivono almeno quattro milioni di persone sui dodici totali di Buenos Aires.

Recoleta, residenziale e un po’ monegasca, con gallerie d’arte, centri culturali e un delizioso cimitero ‘ciudadela’, dove riposa fra i Grandi anche “Evita”; San Telmo dove regnano il tango e le sue scuole in un’atmosfera mista Mont-Martre-Coloniale. I due chilometri di ex-magazzini in mattone rosso simil Londra o Amburgo riattati in ristoranti e appartamentini di lusso a Puerto Madero, la cui darsena con ponti metallici ricorda Singapore e su cui si affacciano palazzi in vetro azzurro e moderne piazze in stile Potsdamer Platz a Berlino!
La giovane e immensa Palermo: infiniti parchi, laghi, musei, mercati delle pulci, un’infinità di ristoranti e locali dove si notano il gusto e il piacere di chi ha progettato un’attività che non sia finalizzata alla pura vendita di massa; come i fantasiosi hotel che offrono giganteschi loft in stile kitch dai muri color argento nascosti all’interno di insospettabili palazzi coloniali.
Politica? L’interesse non manca e le discussioni si susseguono, anche se ogni partito è ufficialmente peronista!
Non pochi sono stati i lamenti sulla nuova ‘Presidenta Kirchner’, criticata per essersi presentata al discorso di insediamento dello scorso mese di dicembre parlando a braccio al di fuori del protocollo e dimenticando ( volutamente?) di ringraziare per il loro lavoro le forze dell’ordine e alcune alte cariche dello Stato, come riportato dal periodico ‘la Nación’.
Contemporanee al suo insediamento l’imposizione retroattiva del prezzo ribassato sui carburanti; l’apertura a Israele dell’accordo Mercosur per uno scambio di tecnologia e ricerca contro prodotti della terra; invio del passato presidente Néstor Kirchner come mediatore d’eccellenza con i guerriglieri delle Farc in Colombia per il rilascio di ostaggi politici. Pochi Paesi hanno così tante potenzialità inespresse. Basti pensare alla pesca sfruttata e commercializzata in minima parte e solo da un paio di società estere. È sorprendente come questo Paese comunque riesca a risorgere, cadere e risollevarsi nel giro di pochi anni, rispecchiando per certi versi il bipolarismo caratteriale dell’ ‘animus’ argentino: un giorno ai ‘massimi’: fieri, sprizzanti positività; il giorno dopo avvolti nel pessimismo più tetro per poi tornare a un umore decisamente alto. Il collasso economico del 2001 non ha scoraggiato una classe media impoverita e diminuita in percentuale sul totale: le attività commerciali fioriscono, ristoranti e locali nuovi aprono ogni giorno. In un Paese dove l’economia non permette voli in pindarici esperimenti finanziari, il vero investimento resta la terra. In Argentina la proprietà è sacra per tradizione e difficilmente espropriabile anche a fronte di debiti o violenti cambi di regimi. Per questo il dieci per cento delle terre è in mani straniere mentre ben pochi sono i capitali esteri destinati ad attività finanziarie o produttive. Si arriva ormai a 8 mila dollari al metro quadrato nei quartieri residenziali di Recoleta e Puerto Madero e nei terreni in campagna prevalgono gli acquisti sicuri come terreni da pascolo, vitigni o soia, oggi il maggior prodotto agricolo da esportazione. Laggiù negli immensi spazi delle pampas, colline e montagne argentine si acquistano anche sogni. Il business più alla moda e in piena espansione è legato al polo real estate; ‘Estancie’, immensi terreni situati a 50 come a 2000 chilometri da Buenos Aires , suddivisi in lotti dove poter costruire ville, tenere cavalli, a volte bestiame, ulivi o vitigni. Vengono offerte come facilities centri benessere e campi da polo dove poter giocare, dietro lautissimo compenso, con grandi campioni ammirati durante il ‘Torneo abierto de polo de Palermo’ a Buenos Aires; soprattutto si vende la possibilità di cavalcare, con gli immancabili gauchos, per chilometri attraverso infinite bellezze naturali, con un sole che non tradisce mai.



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Commenti

  1. Vinx says:

    febbraio 26th, 2008 at 01:35 (#)

    Complimenti a Guicciardo Sassoli de Bianchi ed alla sua magica “penna”; ci ha così deliziato che, alla fine della lettura, si rischa di provare addiritura le emozioni del ritorno a casa come se fossimo stati davvero lì con lui; con grande senso di altruismo la sua “penna” ha permesso che condividessimo le sue stesse emozioni lasciandoci intendere la presenza di mille altre ai margini del suo racconto; su tutte, regna sovrano il grande filo conduttore che affiora, nutrendo ogni parola ed ogni emozione dall’inizio alla fine, un orgoglio italiano non bigotto ma eletto, vivace ed attento. Se è vero che l’Italia ha l’80% delle opere d’arte del mondo è anche dovuto al fatto che sulla sua terra nascono e si avvicendano ancor oggi spiriti eletti mossi dalla ricerca della bellezza che non si sofferma sugli aspetti esteriori ma va nutrendosi dell’anima del mondo. Grazie

  2. RM says:

    febbraio 26th, 2008 at 12:02 (#)

    Articolo splendido, complimenti!

  3. andrea says:

    febbraio 26th, 2008 at 12:35 (#)

    Non so se qualcuno di voi conosca i Bersuit Vergarabat, uno dei maggiori gruppi rock argentini, che mi sono proprio venuti in mente leggendo quest’articolo. Nella canzone “La Argentinidad al palo” si dice un po’ la stessa cosa, l’enorme potenziale spesso sprecato, le disgrazie e le violenze subite, ma anche l’orgoglio del popolo e la grande capacità del Paese di rialzarsi. Ecco un pezzetto del testo: “Del éxtasis a la agonia,
    oscila nuestro historial
    podemos ser lo mejor
    o también lo peor
    con la misma facilidad”

  4. PAOLA B. SEGA says:

    febbraio 29th, 2008 at 14:18 (#)

    bravissimo, c ‘è tanta arte italiana a B.A.
    COMPLIMENTI!!!!
    PROF. SEGA

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